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Migrazioni, Politica interna

Il Belgio chiude le frontiere

Il Belgio sta vivendo un momento difficile: dopo i molti mesi senza governo, gli attentati hanno dato una scossa al fragile ordine che si era stabilito. La paura si è infiltrata anche fra i cittadini belgi, che finora si erano dimostrati fra i più aperti in Europa. È difficile dare un giudizio lucido di fronte alle disgrazie che hanno subito lo scorso mese, ma è invece opportuno analizzarne le conseguenze.

Immediatamente dopo gli attentati, le frontiere con la Francia sono state chiuse. Il Belgio ha deciso di sospendere temporaneamente Schengen, in modo da poter riorganizzare le proprie fila e cercare di controllare meglio la situazione. D’altro canto, però, ha significato che il cuore dell’Europa si è chiuso alla circolazione del sangue (cioè noi cittadini): dopo gli attacchi, abbiamo fatto una specie di infarto comune.

Se prima di marzo i partiti più conservatori (in particolare N-VA – Nuova Alleanza Vallone) e quelli più progressisti (cristiano democratici) se la giocavano alla pari, ora i primi sembrano aver preso il sopravvento: Theo Francken, Ministro dell’Immigrazione, ha deciso che da ora in poi il Belgio considererà solo 250 richieste di entrata al giorno. Non importerà la provenienza dei richiedenti o il loro status, ma semplicemente l’ordine di richiesta. Questa mossa, oltre ad essere un brutto colpo per la nostra lotta comune per accogliere i migranti e i rifugiati, ha provocato un’ondata di indignazione da parte di alcune ONG, che hanno denunciato il governo belga alla Commissione. A breve, potrebbe partire una procedura d’infrazione contro Bruxelles; non so se questo sia un bene o un male: sicuramente, ricevere una multa dalla Commissione non cambierebbe la politica di accettazione, ma provocherebbe ulteriore malcontento fra la popolazione.

Il Belgio sta anche chiedendo che non vengano cambiate le norme di bilancio statale per accogliere migranti. Molti stati coinvolti in modo diretto nell’emergenza, fra cui l’Italia, devono sostenere grandi spese per fronteggiare decentemente l’arrivo dei profughi, e hanno chiesto alla Commissione più flessibilità sul deficit (ossia di escludere, almeno parzialmente, le spese per l’accoglienza). Il Belgio, siccome ha limitato gli ingressi al paese, ha tutti gli interessi a non introdurre la flessibilità. Tant’è che il Ministro delle Finanze, Johan Van Overtveldt, ha detto che le regole non dovrebbero cambiare “whenever something happens in the world” (ogni volta che cambia qualcosa nel mondo). L’ottusità e la chiusura mentale possono essere causati (o ingigantiti) dagli attacchi terroristici. Nessuno può togliere, però, che così il Belgio sta facendo il gioco dello Stato Islamico. Se la Francia ha reagito, lo stesso non si può dire del Belgio, finora.

A mio parere, invece, gli attacchi avrebbero dovuto essere seguiti da una maggiore consapevolezza dei bisogni di questa nostra Europa. In particolare, mi riferisco a un’intelligence comune (o addirittura un esercito?), un controllo centralizzato dei confini, in modo che non esistano mille politiche diverse per ogni stato, e infine un bilancio unico europeo. Se l’Unione avesse avuto risorse proprie più consistenti e completamente svincolate dalle volontà dei capi di stato dei paesi membri, probabilmente staremmo vivendo la crisi dei migranti in modo diverso. Non dovremmo ringraziare Germania, Finlandia e pochi altri per l’accoglienza dei profughi, ma potremmo essere orgogliosi di noi stessi. Sinceramente, credevo che dopo Bruxelles ci fosse un po’ più di fermento all’interno dell’Unione. Dobbiamo capire tutti che questa Europa o la si fa, o si muore. L’unico progresso (se così si può chiamare, perché è veramente una piccolezza rispetto a ciò che dovrebbe essere fatto) dopo Parigi è stato l’introduzione del PNR per i voli internazionali, che dovrebbe aumentare un po’ la nostra sicurezza. Tuttavia, io non mi sentirò protetto da un codice stampato sul mio biglietto. Mi sentirei protetto se avessi un’istituzione sovranazionale dotata di forza militare, politica ed economica che controlla i confini esterni. Il Belgio non sta dando un buon esempio, anzi sta dimostrando la debolezza degli stati nazione; dalla capitale d’Europa, mi sarei aspettato molto di meglio.

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