Il blog del Movimento Federalista Europeo - sezione di Vicenza

Diritto

Le bocche della legge

Ed è caos oramai al Consiglio Superiore della Magistratura, organo di autogoverno dei magistrati stessi presieduto dal Presidente della Repubblica. Ciò di cui si parla in questi giorni è lo scandalo scoppiato in seguito all’inchiesta che coinvolge Luca Palamara, ex Presidente dell’Associazione Nazionale Magistrati ed ex membro del CSM stesso. Motivo dell’inchiesta sarebbe aver ricevuto regali e denaro da alcuni lobbisti in cambio di una non meglio definita “influenza” sulle sentenze. Palamara, oltre che di corruzione, è accusato di aver cercato di influenzare la nuova nomina del procuratore capo di Perugia, che stava svolgendo indagini proprio a suo carico. Anche altri sarebbero i magistrati coinvolti nello scandalo, Luigi Spina, Gianluca Morlini, Antonio Lepre, Corrado Artoni e Paolo Criscuoli, che avrebbero avuto incontri con Palamara stesso e con altri esponenti del mondo politico – tra questi Luca Lotti e Cosimo Ferri – per pilotare la nomina di giudici e le loro promozioni.

Dal canto suo, Palamara nega tutto, mentre i suoi colleghi membri del CSM si sono autosospesi o dimessi: la loro condotta, infatti, anche se non criminosa, avrebbe gettato discredito sull’intera categoria.

“Profondamente contrariato” si definisce il Capo dello Stato, Sergio Mattarella, che si ritrova a fronteggiare un ulteriore momento di crisi per il nostro Paese. Accanto alle sue dure parole si poggiano quelle degli altri membri della magistratura, primo fra tutti Giuseppe Cascini, che ha paragonato le vicende di questi giorni allo scandalo della loggia massonica P2 negli anni Ottanta.

“È necessario ora il recupero della autorevolezza e della credibilità” ha sottolineato con fermezza il Capo dello Stato nella seduta plenaria del CSM tenutasi pochi giorni fa, enfatizzando il ruolo fondamentale che i magistrati sono chiamati a compiere nel panorama costituzionale italiano.

“Tutta l’attività del Consiglio, ogni sua decisione sarà guardata con grande attenzione critica e forse con qualche pregiudiziale diffidenza. Non può sorprendere che sia così e occorre essere ancor più consapevoli, quindi, dell’esigenza di assoluta trasparenza, e di rispetto rigoroso delle regole stabilite, nelle procedure e nelle deliberazioni” ha continuato Mattarella, riprendendo le considerazioni svolte poco prima da Pier Camillo Davigo, che ha sostenuto come sia d’obbligo di fronte a questi eventi criminosi “ripensare l’intero modello di organizzazione giudiziaria”.

Se da una parte ritengo encomiabile la presa di posizione di buona parte della magistratura e non posso che apprezzare le parole del Capo dello Stato, una considerazione mi giunge alla mente: modificare i meccanismi interni alla magistratura per creare un sistema maggiormente efficiente e trasparente è sicuramente un primo passo per risolvere questa situazione eccezionale e senza precedenti. Ma non basta. Non basta cambiare una norma scritta di organizzazione interna di un organo per cambiare anche le azioni dei suoi membri. Così come quando erano vigenti le vecchie norme ci siamo trovati di fronte a uomini d’eccezione, senza precedenti, come i giudici Falcone e Borsellino, che hanno dato la loro vita per la causa della giustizia e per la tutela della legge, oggi ci sono degli eroi e dei traditori di quegli stessi ideali.

È d’obbligo, dunque, ripensare l’etica del magistrato: insegnare ai giovani studenti di giurisprudenza a contestualizzare ciò che essi studiano come norme e regole, farli riflettere sul significato degli istinti e sulle parole “libertà”, “democrazia”, “uguaglianza”, “pace”, “imparzialità” e “indipendenza”. Ciò che dovrebbe darci l’università dovrebbe essere, oltre all’insegnamento delle norme di legge, la loro contestualizzazione e dovrebbe insegnarci a guardare alla costante attuazione dei principi costituzionali guardando alla politica. “Una delle offese che si fanno alla Costituzione è l’indifferenza alla politica”, sosteneva Calamandrei, uno dei nostri padri costituenti. È questo ciò che ci manca oggi: la prospettiva, capire che non nasce tutto per caso e che le istituzioni non si preservano senza il dolore o la fatica. Non sono scatole vuote, che possano essere riempite con vuoti simboli o orpelli. Sono monumenti da venerare e da considerare con la reverenza che hanno loro attribuito i costituenti.

Ed è, quindi, da questo che dobbiamo ripartire: dalla nostra Costituzione, dalla carta che ha sancito per noi un traguardo ragguardevole e che dovrebbe fungere da monito e da guida nell’agire dei nostri organi costituzionali, il Parlamento, il Governo e la Magistratura, i cui membri erano stati definiti da Montesquieu come “bocche della legge”.

“In questo clima avvelenato di scandali giudiziari e di evasioni fiscali, di dissolutezze e di corruzioni, di persecuzioni della miseria e di indulgenti silenzi per gli avventurieri di alto bordo, in questa atmosfera di putrefazione che accoglie i giovani appena si affacciano alla vita, apriamo le finestre: e i giovani respirino l’aria pura delle montagne e risentano ancora i canti dell’epopea partigiana” ha scritto Calamandrei: non bisogna dimenticare da dove siamo partiti per non scordare dove vogliamo arrivare e che obiettivo possiamo raggiungere. Un mondo nuovo, più giusto ed equo.

Un mondo dove i magistrati si facciano garanti della legge e dei nostri diritti con onore e dignità. 

Lascia una risposta

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.