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Storia

Per un 2 giugno europeo

Oggi si festeggia la settantaquattresima Festa della Repubblica. Istituita nel 1946 per celebrare l’inizio di una nuova era costituzionale per il Paese, quest’anno arriva in un momento difficile e per la prima volta sarà onorata in forma molto ridotta.

Il 2 giugno 2020 si carica però di importanza non tanto perché si festeggerà a porte chiuse e senza scampagnate fuori regione, ma perché solamente due giorni prima si riuniva una grossa manifestazione antisistema nelle piazze di Roma e Milano. I gilet arancioni, capitanati dal pittoresco ex Generale Pappalardo, hanno dato voce alle loro preoccupazioni riguardo svariati argomenti, toccando persino i vaccini e il 5G – che a loro dire causerebbe il coronavirus.

Ciò che mi preme sottolineare, tuttavia, è che il germe dell’euroscetticismo è tornato alla ribalta in quelle piazze. Dopo il parziale dietrofront sui temi europei di Lega e Cinque Stelle, i principali partiti non avevano più messo in dubbio la permanenza dell’Italia nell’Euro e nell’Unione Europea.

Sembra quindi che il sentimento non si sia mai del tutto sopito. Il pericolo è dietro l’angolo, e nemmeno i cospicui aiuti dai fondi delle nostre istituzioni continentali (una grande vittoria per il nostro Paese) sembrano bastare.

Sembra ironico che il 2 giugno cada così vicino a un momento in cui è emerso un rigurgito antisistema, contro l’Italia e l’Unione Europea. Vale quindi la pena fermarsi a riflettere, oggi, sull’importanza e il valore della nostra Costituzione; non solo: sarebbe anche il momento di pensare a creare un 2 giugno europeo. Una data che segni l’inizio di un’unione più forte e fondata sulla solidarietà e l’aiuto reciproco, oltre che sul rispetto (spesso necessario) dei parametri economici.

L’Italia non è la Francia, e Conte non è Macron. Nessuno avrebbe la forza di arginare i gilet arancioni se questi dovessero raccogliere consensi come hanno fatto i gilets jaunes. Potrebbero addirittura arrivare a travolgere le nostre istituzioni, mettendo quindi in forte dubbio la nostra appartenenza alla comunità europea.

Probabilmente questo 2 giugno sarà una Festa della Repubblica divisiva, nonostante sia nata per unirci attorno alla Costituzione. Starà a noi, quindi, decidere da che parte andare: o verso un 2 giugno europeo, o verso il baratro che da arancione potrebbe presto diventare profondo rosso.

Se noi dobbiamo fare la nostra parte, anche le istituzioni italiane e comunitarie devono mostrarsi presenti. Il 2 giugno segna anche un importante cambiamento, proprio come quello che chiedono a gran voce Pappalardo e i suoi seguaci. L’immobilismo, che da sempre ha contraddistinto l’Italia e in ugual misure l’UE, finisce per essere un pesante elemento di svantaggio in un’epoca di cambiamenti rapidi come la nostra. Se dobbiamo cambiare, dobbiamo capire in che direzione. Servono voci dalle istituzioni che spieghino la strada da intraprendere. Se i politici, e ancora di più i tecnici di Bruxelles e Francoforte, vengono considerati elite, servirà un piano di comunicazione chiaro e capillare per raggiungere la popolazione. L’obiettivo non deve essere parlare con i più scontenti, per rassicurarli e mostrare loro l’alternativa.

Il fondo destinato alla ripartenza dopo il coronavirus è un coraggioso passo avanti, che meriterebbe più attenzione dai media e soprattutto una migliore comunicazione da parte della politica a tutti i livelli, da quella europea fino a quella locale. Ecco che qui si possono trovare i mattoni con cui costruire una nuova casa, proprio come hanno fatto i miei nonni e bisnonni il 2 giugno.

Tanti auguri a tutti. Che sia un giorno di riflessione e propositività.

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