Il blog del Movimento Federalista Europeo - sezione di Vicenza

Cultura, Storia

Resistere oggi, da europei

Il 25 aprile da poco passato è stato diverso dal solito. Non è stato solo un momento di memoria collettiva storica italiana ed europea, ma è stato anche un’occasione per ripensare la nostra società europea alla luce della situazione di emergenza sanitaria che stiamo vivendo, come italiani e come europei. In particolare, noi militanti federalisti abbiamo il dovere di svolgere la nostra riflessione partendo dalla resistenza: il nostro fondatore Altiero Spinelli si trovava proprio al confino fascista quando scrisse il Manifesto di Ventotene. In che modo storia, memoria e politica della resistenza possono aiutarci a progettare il futuro di una nuova Europa?

Torniamo un po’ indietro. Come è stato sottolineato nelle numerose iniziative federaliste in occasione della Festa della liberazione, il pensiero federalista e la resistenza sono strettamente collegate alla lor origine. Infatti, già nel 1941 – quando le potenze dell’asse sono al loro massimo in quanto a mezzi dispiegati e territori conquistati – Spinelli scrise speranzoso nel Manifesto di Ventotene che la nuova Europa unita sarebbe nata dalle macerie del nazifascismo, poiché gli Stati nazionali così come si erano conosciuti fino ad allora non avrebbero avuto più senso di esistere e sarebbero inevitabilmente caduti. La storia andò in modo diverso: gli Stati si ricostruirono, l’Europa e il mondo si divisero e la situazione di bilancia internazionale favorì ancor più di prima lo sviluppo e il consolidamento dello Stato nazionale, che visse nel dopoguerra il periodo di suo massimo splendore. L’insegnamento di Spinelli era però ancora vivo e i disastri della Seconda guerra mondiale ancora recenti facevano credere agli Stati europei di poter seguire lo stesso paradigma di prima delle guerre mondiali. Nacque così l’idea di integrazione europea e la continua tensione fra metodo intergovernativo e metodo sovranazionale/federale che ancor oggi conosciamo fin troppo bene.

Jean Monnet disse che l’Europa sarebbe stata costruita sulle crisi che via via si sarebbero succedute nel tempo. Le macerie della seconda guerra mondiale furono terreno fertile per la nascita dell’idea di Europa. La fine dell’URSS fu occasione per coinvolgere gli Stati baltici e dell’Europa orientale. Tutte queste giunture critiche della storia europea e mondiale erano però frutto di avvenimenti politici e mai di avvenimenti “biologici” come la crisi sanitaria del Covid-19. Questa è la prima emergenza che coinvolge veramente tutti allo stesso modo. Sembra quindi questo il momento opportuno ancora più di altri per procedere a un salto in avanti veramente federale della nostra Europa. Il ruolo quindi dei federalisti è quello di portare il piano della discussione da quello della solidarietà tra stati – di cui tanto si parla in queste settimane – a quello della solidarietà tra cittadini. Questo significherebbe quindi il superamento della ragion di Stato e del cosiddetto interesse nazionale che tanti effetti deleteri ha avuto nel nostro passato. La fase 2 che è cominciata il 4 maggio è a mio parere un emblema di come questo modus operandi sia ancora valido per la maggior parte delle decisioni politiche europee, ancor di più del dibattito sulle risorse finanziarie. In uno spazio politico ed economico (più o meno) comune come quello europeo, le decisioni su come progressivamente allentare le misure di contenimento non solo sono molto diverse tra gli Stati europei, come è normale e giusto che sia (sono diversificate anche all’interno degli Stati stessi); la cosa inaccettabile è che il coordinamento tra le varie task force e tra i vari governi sia stato molto debole.

È quanto mai vero quindi quello che il Movimento Federalista Europeo dice ogni anno in occasione del 25 aprile: la resistenza non è ancora finita! Riscoprire i valori di Ventotene significa oggi già progettare l’Europa di domani come Spinelli faceva nel 1941, a due anni di distanza dalla liberazione di Ventotene e a due dalla fine della guerra, quando scriveva che “la strada deve essere percorsa e lo sarà”. Riscoprire quell’immaginazione politica significa assicurarci un futuro migliore, nato da una resistenza autenticamente europea.

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