Il blog del Movimento Federalista Europeo - sezione di Vicenza

Storia

In treno ad Asiago

60 anni fa veniva disattivata la cremagliera del costo, promossa a fine ‘800 da Alessandro Rossi. Problemi di mobilità e nuovi flussi turistici ripropongono oggi l’esigenza di un collegamento ferroviario con la pianura. L’esempio di Cortina

Nell’ultima parte della sua vita, Alessandro Rossi dedicò molta attenzione all’Altopiano, dal quale proveniva la sua famiglia. Lo fece costruendo la grande villa poco fuori Asiago, di cui abbiamo già parlato (http://www.eurovicenza.eu/la-villa-delloblio-e-dello-scandalo/) raccogliendo le scarsissime informazioni esistenti, prima che se ne perda la memoria. Soprattutto promosse la ferrovia di collegamento con la pianura, che al tempo fu un’opera  ardita e motivo di accese discussioni.

Nel 1882 affidò un primo incarico all’Ing. Alfonso Crippa di Milano, il quale presentò un paio di anni dopo un progetto di massima, con un tracciato che per guadagnare quota risaliva la Val d’Astico fino alla frazione Lucca di San Pietro, dalla quale tornava indietro per dirigersi verso Castelletto di Rotzo e inoltrarsi nella Val d’Assa a mezza costa. All’altezza di Mezzaselva, la attraversava e approdava sull’altro versante nel punto di sbocco del Ghelpach, per seguirne inizialmente la destra orografica, lambire il Kaberlaba e terminare nell’immediata periferia sud est di Asiago in una zona allora denominata Antonini, dopo una corsa di 32 km ed un dislivello di 700 metri. Il tracciato incontrò subito l’opposizione di Asiago e degli altri Comuni, che si ritenevano tagliati fuori nonostante fossero raggiungibili con brevi collegamenti, come Crippa non aveva mancato di far presente. Quel tracciato fu accantonato e furono avviati altri studi, che portarono al progetto della cremagliera lungo il costo approvato nel 1899. La prima locomotiva arrivò a Cesuna nel 1909 e  la linea fu inaugurata nel febbraio 1910.

Il resto è storia recente. La linea impiegava più di un’ora per arrivare a destinazione, due ore e mezza da Vicenza, e fu presto battuta in velocità e convenienza dal travolgente sviluppo automobilistico. Nel 1957, si arrestò. Nel 1960 fu istituita una Commissione di studio provinciale, che ne propose il rilancio con un cospicuo investimento dopo aver valutato varie alternative. Soprattutto mise in evidenza che, per proseguire il servizio, la linea avrebbe continuato ad accumulare rilevanti perdite d’esercizio a carico della fiscalità generale. Lo studio fu bocciato e sull’intera vicenda mise una pietra tombale il Parlamento, che nel 1977 sanzionò la  sostituzione  del ferro con la gomma conformandosi al parere della Regione. Le rotaie sono state divelte ed il sedime è diventato un percorso turistico in alcune tratte già molto frequentato e ulteriormente valorizzabile. Da 40 anni della ferrovia non si parla più, anche se  potrebbe risolvere i problemi di mobilità dell’Altopiano e corrispondere all’elevato turismo di giornata.

Nemmeno c’è interesse a guardare ad altri contesti montani, dove linee coeve continuano a funzionare egregiamente ed essere un elemento di attrazione aggiuntivo rispetto al fascino dei paesaggi che attraversano. Il celebre trenino rosso del Bernina, inaugurato nel 1910, ha un tracciato in aderenza di 60 km ed è talmente appetito che per salirvi bisogna prenotarlo per tempo. Per stare più vicino a noi e a paesaggi meno spettacolari, il treno della Val di Sole è stato inaugurato come tramvia nel 1909 e collega in aderenza Trento con Malè – Mezzana, sostando di fronte ai grandi impianti di risalita di Marilleva.  Per stare nel Veneto, si discute da qualche anno di ripristinare la linea ferroviaria da Calalzo a Cortina soppressa nel 1964 per le stesse ragioni della linea vicentina. Esistono già due ipotesi progettuali  sostenute dalla Regione per un investimento sugli 800 milioni di euro ed un tempo di percorrenza di 30 minuti, due ore se lo si calcola da Venezia. I tempi di realizzazione non sono noti e la stima di un decennio che è stata fatta trapelare non può essere presa sul serio, se consideriamo la durata media delle opere pubbliche in Italia. In ogni caso, ciò che conta è che gli ampezzani si sono messi a ragionare su quale potrà essere il loro sistema di mobilità attorno alla metà del secolo, rivalutando il trasporto su rotaia.

Ad Asiago tutto tace, come pure a Vicenza, nonostante l’attraversamento della TAV con rare fermate sia penalizzante e offra l’occasione per esigere misure compensative. Nella programmazione del sistema metropolitano regionale, è entrata di recente la elettrificazione della Vicenza – Schio, lungamente considerata un ramo secco, ma non c’è alcun accenno alla sua prosecuzione per l’Altopiano. Eppure sarebbe opportuno cominciare a discuterne, magari prendendo spunto dal vecchio progetto del 1884, concepito in aderenza alla pari dei progetti che hanno saputo superare non solo le pendenze ma anche le sfide tempo. Sovrapponendo il tracciato di allora ad una cartografia attuale, se ne vede tutta la vetustà per l’espansione degli abitati e la diffusione delle reti stradali. Ma se ne possono cogliere anche alcuni punti di forza, come la possibilità di innestarvi collegamenti funicolari con le aree sciistiche del Verena e delle Melette, previo prolungamento in questo secondo caso della ferrovia fino a Gallio, che è sempre stato nelle intenzioni di Rossi e spiega la stazione di Asiago in zona non centrale.

Conosciamo le obiezioni: pure fantasie, l’investimento è elevato, il capitale assente, la redditività da dimostrare, le priorità del nostro territorio sono altre. Sono le stesse obiezioni sollevate a suo tempo sui progetti storici che abbiamo menzionato e sollevabili adesso su quello dolomitico. Sono state superate. Per l’Altopiano sono invincibili?

  1. Renato rossi

    Bello specialmente la proeeeespettiva di collegamento con le piste. Potrebbe esserci un interesse anche da parte della Regione più autonoma.

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